incipit

Chissà perché non costruiscono più panchine di legno. Quelle verdi, che cigolavano solo a riderci sopra. Era sempre caldo il legno, e ci potevi scrivere con un temperino come sul diario. Incidere un nome, fermare un’ora e un giorno, intagliare un cuore. Chissà perché. Anche quelle che ci sono ora sono verdi ma il ferro mi gela la schiena e scriverci fa stringere i denti e le parole rugginose sembrano cicatrici infette...

domenica 13 luglio 2014

Maria e Orazio

“Ha visto che lo hanno trovato il gatto di signora Pina? Era entrato nella cantina del vecchio Efisio Fois che, sordo come la campana di Santa Caterina, non lo sentiva miagolare. Per fortuna è andato a trovarlo Giannino, il nipote, il figlio di Raimonda, quella che si è sposata con Saverio, il figlio del dentista Mallus, che poi ha lo studio nel portone di fronte a quello di sua moglie. Secondo me doveva fare il dentista anche il figlio, Saverio dico, doveva fare il dentista come il padre, e invece si è aperto un negozio di telefonia. Ma secondo lei, quanti telefoni si vendono? Ah se fossero tutti come me. Io ho sempre lo stesso da sei anni. Non chiamo nessuno e nessuno mi chiama. Squilla solo quando ha la batteria scarica. Quello di mia figlia invece è un continuo suonare. Ah io non so neanche come si accende quella diavoleria. E ci registra pure le lezioni all’università. Però è brava eh, sapesse. Io le ho detto, ma che ci fai col diploma da psicologa?”
“Con la laurea...”
“Vabbè, insomma, a che serve uno psicologo? Lo so che il mondo è pieno di matti ma, ascolti a me, se uno, quando ha strane idee in testa si va a fare un bel bagno al Poetto, gli passa tutto. Altro che medicine, ci vuole il mare, bisogna respirare il diodo”.
“Lo iodio...”
“Eh lo so che mi capisce lo stesso. Se ci potesse andare anche lei al mare, signor Orazio, come le farebbe bene alla gamba”.